Una realtà sempre più complessa, che vede da una parte le esigenze in costante mutamento della clientela e, dall’altra, la necessità di inserirsi progettualmente in un territorio con una grande stratificazione di tradizioni storiche e culturali. Gli architetti chiamati a intervenire sull’hospitality in Italia affrontano una sfida ardua. Una sfida in cui, per soddisfare le richieste dei committenti e dei loro ospiti, il concetto di ‘verità’ deve necessariamente essere declinato nell’accezione di autenticità.

Questo, in estrema sintesi, il pensiero degli architetti intervenuti ieri al talk, moderato dal direttore di TTG e InOut Remo Vangelista, dal titolo: “Le nuove tendenze dell’hospitality: la verità secondo gli architetti”.
“Nei progetti italiani la corsa all’international style non ha senso – ha esordito Carlo Donati -. All’opposto, l’hotel deve avere una forte personalità: qui sta la difficoltà di progettazione”.
Difficoltà che aumenta ulteriormente quando si ha a che fare con contesti storico-monumentali da riconvertire. “Il progetto non può non adeguarsi all’esistente – ha sottolineato Emanuele Riccardo – e l’architetto ha una grande responsabilità nei confronti della ‘veritas’ del contesto, che va salvaguardata e trasmessa alle generazioni future. Noi non siamo altro che traghettatori di queste identità territoriali”.
“Gli hotel – ha aggiunto Vittorio Grassi – sono organismi molto complessi e noi abbiamo il dovere di semplificare la complessità. Un’operazione ardua in un Paese come il nostro, dove l’esistente è così importante”.
“Nel nostro Interno Marche – ha raccontato Carlo De Mattia – è nata prima la volontà di raccontare una storia, poi quella di declinarla in un hotel, che diventa una casa-museo con le camere dedicate agli architetti che hanno fatto la storia del design. Ai nostri ospiti chiediamo di entrare nella storia: siamo aperti da pochi mesi, ma i risultati sono già soddisfacenti”.

“Mai esagerare con l’eclettismo”

Sulla flessibilità necessaria alle strutture per adattarsi alle esigenze dei diversi target Donati ha spiegato come non si debba mai “esagerare con l’eclettismo; il nostro lavoro è di mediazione tra le esigenze dei diversi target”.
“Business e leisure – ha aggiunto Emanuele – sono categorie volute dal marketing. Noi dobbiamo piuttosto chiederci come vogliamo ospitare, quale storia vogliamo raccontare. I luoghi ci parlano e interagiscono con noi, sono testimonianze autentiche di ciò che eravamo, siamo e saremo”.

L’apertura al territorio

“L’importante – ha aggiunto Grassi – è l’apertura della struttura al territorio. Noi dobbiamo progettare l’esperienza perché l’hotel, oggi, dev’essere in grado di vendere esperienze. Nel nostro restyling del Meliá Milano le parti comuni sono uno spazio aperto alla città, in una connessione visiva che crea comunicazione”.
In un contesto dove esigenze diverse si mescolano e si sovrappongono il ruolo della tecnologia è fondamentrale anche se, ha avvertito Donati, “l’importante è non farsi prendere dall’entusiasmo tecnologico”. Ci vuole equilibrio tra analogico e digitale anche per Emanuele: “La tecnologia – ha spiegato – può aiutare l’albergatore nel dar vita a esperienze appaganti per gli ospiti”.
“A volte può essere evidente far emergere l’aspetto innovativo dei servizi, a volte è meglio non renderlo troppo invasivo – ha aggiunto De Mattia -, dipende dal target di riferimento”.

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