Un ritorno alla tradizione accompagna il mondo della progettazione di oggi. Si guarda al passato, non per imitazione, celebrazione o nostalgia, ma come eredità culturale da valorizzare; si guarda alla dimensione locale per stabilire un legame sinergico con il territorio e creare dunque un’esperienza autentica che sia anche sostenibile. Questa è la ricerca intrapresa dall’interior design per dar forma all’ospitalità contemporanea e che genera strutture dove materiali autoctoni e stile tradizionale si uniscono a standard elevati e servizi di prim’ordine.
È evidente come, da alcuni anni, la caccia a esperienze autentiche, in grado di creare connessioni con la natura, con il territorio e con se stessi, abbia notevolmente condizionato i settori del design e della progettazione. Il tema del wellness è stato indagato in ogni sfaccettatura e ha portato alla creazione di soluzioni che hanno superato il tradizionale concetto di Spa: mete rigenerative, retreat per il riequilibrio di mente, corpo e spirito, ben lontani da ogni forma di urbanizzazione.
Parallela è la tendenza dell’escapism con soluzioni off grid immerse nella natura – con il conseguente moltiplicarsi di lodge, cabin e tiny house. Ora si va oltre. Autenticità oggi significa toccare con mano il ritmo e i riti di un territorio, comprendere e conoscerne le tradizioni, vivere la cultura locale, assaporarla nello stile e farla propria. Si percepisce l’affinità con un dilagante lifestyle che esalta la lentezza, la semplicità, la qualità del tempo, delle relazioni: il cosiddetto slow living, che richiama direttamente lo slow food e i suoi principi etici.
Il trend contemporaneo rifugge dunque l’omologazione e si focalizza sul ‘su misura’ del luogo. Si rintraccia nelle grandi catene, che sempre più adattano la loro brand identity al contesto in cui la struttura sorge. E ancor più nelle strutture indipendenti, che per interior design e architettura si misurano con la tradizione per far sentire il viaggiatore completamente incluso nella realtà. Si usano allora forme e materiali locali per la cornice architetturale e per fare eco alle abitazioni e agli edifici del luogo, mentre per arredare gli interni si scelgono oggetti realizzati artigianalmente, frutto di maestranze e tecniche antiche, quindi unici.
Il recupero del passato
I progettisti si muovono tra il recupero di architetture storiche – favorite rispetto alle nuove costruzioni, per ridurre l’impatto sul territorio e valorizzare l’heritage di un edificio – e la ristrutturazione di strutture preesistenti, a cui donano un look aggiornato, ma in continuità con il passato.
Esemplare in quest’ottica è il Borgo dei Conti Resort, poco distante da Perugia, risultato di una ristrutturazione conservativa di un sito storico. Lo studio di architettura milanese Spagnulo & Partners ha riportato in auge un’antica fortezza divenuta a metà del XIX secolo residenza nobiliare del Conte Lemmo Scotti, uno dei principali pittori umbri dell’800. E così l’arte pittorica umbra rinascimentale è divenuta fil rouge dell’intero progetto ispirando le scelte stilistiche e arredative: le texture e le cromie attingono da questo patrimonio storico, fra tinte delicate e sfumate, ornati e accenti luminosi; anche i materiali si rifanno alla tradizione umbra, dal cotto etrusco di Montone e della fornace Sugaroni di Castel Viscardo che caratterizzano le camere e tutti gli spazi comuni, fino ai tessuti di Giuditta Brozzetti che impreziosiscono cuscini e testate.
Si configura come armoniosa unione di architettura antica e reinterpretazione moderna anche il progetto per Le Grand Mazarin, a Parigi. Questo nuovo indirizzo 5 stelle di Maison Pariente ridona lustro a un edificio storico del XIV secolo, fondendosi perfettamente con l’eclettico quartiere Le Marais che lo ospita. Il classismo francese veste la facciata, per poi esplodere negli interni con in contributo creativo di Martin Brudnizki. Il designer svedese, di base a Londra e New York, si è lasciato ispirare proprio dai salotti letterari parigini del 17esimo secolo e dalle grandi case dell’epoca aristocratica, dove si riunivano i personaggi più famosi della letteratura, dell’arte e della musica, atmosfera poi adattata alla contemporaneità. Questa ricercatezza culturale prende forma in un interior eclettico e variopinto con tocchi eccentrici che attraversa le 61 camere e suite fino agli spazi comuni. Mobili antichi, oggetti vintage, chanderlier e pezzi Art Déco, carta da parati, arazzi e tappeti custom: una ricchezza decorativa sublimata dalle quasi 500 opere sparse nell’hotel. Per rafforzare il legame con la città e omaggiarne il dna artistico Martin Brudnizki ha coinvolto noti artigiani francesi e giovani talenti per creare affreschi, luci e dipinti, e in particolare si è avvalso della competenza di marchi riconosciuti come Entreprises du Patrimoine Vivant, firma di eccellenza attribuita dallo Stato francese, che lavorano con metodi tradizionali e manifatturieri. Tra questi la Maison Pierre Frey per i tessuti, la Maison Lucien Gau per i bronzi, Henryrot & Cie per i mobili, Art de Lys per le tappezzerie, Pinton1867 per i tappeti e Ateliers Gohard per i dipinti.
Natura al centro
Fin qui, un hotel urbano. L’impresa, però, si fa più estesa quando a essere integrato nel progetto è l’intero panorama naturalistico che connota un territorio.
Nel concept per il Valtur Gallipoli Beach Resort – seconda struttura affiliata alla linea Italian Lifestyle Collection del Gruppo Nicolaus, di cui vediamo in queste pagine le foto – landscape, outdoor e interior sono stati immaginati come un unicum per concretizzare l’immaginario pugliese e tradurlo in un 5 stelle. Il progetto (ancora in progress) è firmato dallo studio dell’architetto leccese Longo e dallo studio internazionale di architettura e design De.Tales, e recupera un edificio abbandonato degli anni ’80 dalla posizione eccezionale, con affaccio sul mare di Gallipoli. Colori, trame, elementi materici, luci e ombre sono combinati per offrire un’interpretazione moderna delle architetture vernacolari pugliesi, dai trulli alle masserie; così le linee sono minimali, le superfici essenzialmente tattili, gli spazi ritmati da giochi di pieni e vuoti. Ulteriore trait d’union di queste due dimensioni, l’abbondante uso del verde inteso come componente strutturale imprescindibile per connettersi al paesaggio mediterraneo e integrare una fonte naturale di benessere.
Se il Valtur Gallipoli Beach Resort offre un’idea di cosa significhi creare una struttura ricettiva in dialogo costante con il panorama, il concetto portato all’estremo dà vita alle architetture firmate The Nest: dalle case sugli alberi alle cabin prefabbricate, sono strutture per la micro-ospitalità in natura che diventano parte integrante del paesaggio. “La nostra expertise si basa su una mappatura del territorio che considera il contesto aereo, terreno e sotterraneo da cui ricaviamo la morfologia finale dell’architettura, che si plasma per assecondare il sito ospitante, considerando anche fattori come i movimenti terreno, i tracciati solari, l’orientamento dei venti – ci spiega Paolo Scoglio, Architetto Design Manager dello studio -. È una progettazione che tiene conto delle visuali privilegiate sia per offrire la vista migliore, quanto per sfruttare il comfort bioclimatico”. Queste strutture, che hanno superfici contenute (dai 10 ai 40 mq) pongono la sostenibilità in primo piano, quindi anche i materiali costruttivi sono naturali e di origine organica, sia nell’architettura che negli interni, quali legno certificato, sughero, fibre vegetali e lane per la coibentazione. L’obiettivo di The Nest è creare un turismo che lo studio definisce “biosimbiotico”, quindi realmente immersivo, a partire dalla cornice naturale.
Questo cambiamento di scala, dalla globalizzazione al locale, dalla standardizzazione all’artigianato, è la nuova frontiera del progetto e dell’ospitalità, che ripensa il presente attingendo dal passato.
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