Lost in Translation, The Grand Budapest Hotel, Notting Hill, In the Mood for Love: quattro film iconici, quattro epoche e generi differenti, ma un elemento in comune. In ciascuno di essi, l’hotel non è solo uno sfondo, ma un vero protagonista, uno spazio che accoglie incontri, emozioni e cambiamenti. La lounge del Park Hyatt Tokyo è il punto di connessione tra due anime alla deriva, la hall del Grand Budapest Hotel è un universo brulicante di storie, la sala da ballo del Savoy Hotel ospita la dichiarazione d’amore di Notting Hill e la terrazza di un hotel nel capolavoro di Wong Kar-wai diventa custode di sentimenti inespressi.
Se nel cinema questi luoghi hanno segnato momenti memorabili, nella realtà gli hotel di oggi stanno ridefinendo il concetto di ospitalità. Non più solo luoghi di passaggio, ma spazi vivi, dinamici, progettati per la socializzazione e l’esperienza. Le lobby si trasformano in hub sociali, dove il design fonde estetica e funzionalità per creare ambienti accoglienti. Le lounge, con arredi modulari e ultra-confortevoli, diventano il cuore pulsante della convivialità, adattandosi a una clientela cosmopolita in cerca di flessibilità e comfort, ideali per lavorare, incontrarsi e rilassarsi. E le terrazze? Non sono più solo punti panoramici, ma vere estensioni dell’indoor, pensate per eventi, momenti di networking e attività all’aperto, in un perfetto equilibrio tra intimità e apertura.
L’ospitalità moderna è sempre più fluida, ibrida ed esperienziale e questo aspetto si rivela negli spazi “polifunzionali” che mette a disposizione, capaci di connettere e ispirare. Come nel cinema, diventano teatro di incontri e di storie nuove.
Ispirare e connettere: è questa la filosofia che guida lo studio Matteo Thun & Partners, che in ogni progetto adotta un approccio consapevole e site-specific. L’attenzione al genius loci, l’artigianalità e l’uso di materiali locali sono elementi chiave di una visione che integra architettura e contesto. “Catturare ‘the soul of the place’ e integrare l’ambiente è il punto di partenza nell’approccio di ogni progetto, soprattutto nel settore dell’hospitality, in cui è fondamentale rispettare le necessità del cliente e proporre soluzioni flessibili” ci racconta l’architetto Matteo Thun. Comprendere il contesto, leggerlo e tradurlo nell’architettura e nell’interior design è la formula con cui lo studio crea edifici non solo esteticamente belli e confortevoli, ma anche sostenibili e duraturi. Spazi capaci di generare connessioni autentiche con l’ambiente e con le persone. “Nel nostro ultimo progetto, Chiemgauhof – prosegue – un rifugio sulle rive del lago Chiemsee in Germania, lo specchio d’acqua è il protagonista e l’architettura diventa il palcoscenico. Gli interni si trasformano in esterni: giardini, terrazze ed elementi mobili in vetro offrono atmosfere diverse per socializzare, godersi l’ambiente circostante o trovare la propria privacy”.
Gli spazi polifunzionali non sono semplici contenitori, ma strumenti progettati per adattarsi a diverse attività senza perdere coerenza. “Il loro compito è favorire interazioni e nuovi modi di abitare lo spazio” rivela Cesare Chichi, co-fondatore insieme a Stefano Maestri di 967arch, studio attivo da 25 anni nel campo dell’architettura, degli interni e del product design. “Nel settore hôtellerie questi ambienti devono garantire una continuità tra accoglienza, relax e socialità, trasformandosi in base alle esigenze – continua Chichi -. Come una lobby che diventa luogo d’incontro, o un ristorante che ospita eventi”.
Oltre alla versatilità, questi luoghi definiscono più in generale l’esperienza dell’ospite, “intesa come un percorso percettivo attraverso sequenze di spazi. Un viaggio, o un film, in cui si è attori protagonisti. Questi ambienti contribuiscono in modo significativo all’esperienza complessiva di un luogo, influenzando il modo in cui le persone interagiscono e vivono lo spazio. Quando progettati con attenzione, diventano parte integrante dell’identità del luogo stesso, rendendolo più accogliente e capace di adattarsi alle diverse esigenze degli utenti”. Aprirli al pubblico e connetterli con il territorio li rende ancor più significativi: “Un hotel che accoglie eventi aperti alla città non solo valorizza gli spazi, ma rafforza il senso di appartenenza e scambio – sottolinea Chichi -. L’architettura ha così il compito di creare luoghi che siano vivi, non solo funzionali. Il contesto è l’elemento orientante, capace di creare comunità e aumentarne il valore”.
Gli spazi di lavoro
Curiosamente gli spazi polifunzionali degli hotel hanno ispirato direttamente i più recenti cambiamenti nel design degli ambienti di lavoro e delle aree comuni, accelerati dalla pandemia. “A seguito di una continua evoluzione delle necessità sociali è diventata sempre più preponderante la necessità di includere spazi funzionali che siano in grado di ospitare attività collaborative, di formazione e creative” spiega Monica Tricario, founding partner di Piuarch, studio con un’esperienza consolidata nella progettazione di workspaces. Con un approccio che mette le persone al centro, lo studio concepisce questi ambienti come strumenti di benessere e appartenenza, proprio come accade nel settore dell’ospitalità. “La contaminazione tra workspace e hôtellerie ha influenzato la tendenza a sviluppare ambienti che incoraggino le connessioni”.
In questa evoluzione il ruolo del design e degli arredi diventa dunque fondamentale. “Gli arredi sono considerati sempre più parte integrante dell’esperienza, sia di viaggio che di lavoro – sottolinea Tricario -. In un contesto lavorativo, il design degli arredi incide direttamente sul benessere, sulla produttività e sulla percezione dell’ambiente. Allo stesso modo, nel contesto di un viaggio la scelta di materiali, colori e finiture non è solo estetica, ma incide sulla percezione dello spazio e sul senso di accoglienza, migliorando la permanenza e la soddisfazione”. Design, comfort e relazione si affermano come i fondamenti dei nuovi spazi dedicati alla socializzazione.
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