Quando si parla di accessibilità, gli imprenditori dell’hospitality possono cadere ingenuamente nell’errore di pensare che basti adeguare la propria offerta alle norme vigenti o acquisire certificazioni per definirsi accessibili. Una visione miope e limitante, che rischia di dare vita a proposte ghettizzanti e non consone alle esigenze delle singole persone nonché, sul piano del business, di precludersi una fascia di pubblico molto ampia e variegata.

Quello che serve nella progettazione di ambienti accessibili, appurato che l’aspetto normativo non vada trascurato, è un cambio di approccio e di paradigma da parte degli imprenditori, da un lato, e degli studi di architettura e di design, dall’altro. La parola chiave, come emerge dal servizio di InOut Review,  è ‘universal design’, un approccio di progettazione olistico, che guarda oltre gli adempimenti normativi, per focalizzarsi maggiormente sulle esigenze delle persone tutte, indipendentemente dalla presenza o assenza di disabilità, in modo da poter garantire a ognuno il diritto di poter viaggiare e godere appieno di un’esperienza di bellezza, evasione e svago.

“Il vizio di forma è pensare che chi ha una disabilità abbia in testa l’abbattimento delle barriere architettoniche” spiega Roberto Vitali, ceo e co-founder di Village For All, rimarcando come sia “sbagliato ritenere che una normativa possa rispondere a tutte le esigenze delle singole persone. Questo non vuol dire che le leggi non si debbano rispettare, vuol dire che bisogna andare oltre la norma”.

Si chiama perciò #oltrelanorma il lavoro di consulenza per l’universal design che da anni V4A porta avanti con lo studio Lombardini22, che ha attivato un ramo di azienda dedicato per proporre a chi opera nell’hospitality soluzioni che coniughino innovazione, inclusione e sostenibilità, promuovendo valori fondamentali come la dignità, l’autonomia, la sicurezza e il benessere di ogni persona. “Riusciamo a dare risposte che rifuggano dal ‘social washing’ – spiega l’architetto Cristian Catania, a capo dell’Universal Design di Lombardini22 -. Le risposte che si trovano nel mercato del costruito sono spesso in linea con quanto il mercato richiede. Noi invece professiamo che è inutile dire ‘in linea perché obbligatorio’”.

I progettisti di Lombardini22 non ricercano solo la risposta funzionale, ma una risposta ai desideri delle persone tutte, senza trascurare, né sacrificare, nella creazione degli spazi l’estetica e la bellezza, per restituire a chi ne fruirà l’esperienza del bello, laddove talvolta i canoni normativi tendono a conferire un aspetto ‘ospedaliero’. Per questo Catania parla di “accessibilità trasparente”, un approccio attraverso cui Lombardini22 mette a punto ambienti fruibili da tutti, garantendo funzionalmente soluzioni adeguate a bisogni che non sono prerogativa esclusiva di consumatori con disabilità motorie, sensoriali o cognitive, ma riguardano anche altre fasce di pubblico, quali anziani e famiglie con bambini.

Seguendo questo criterio si può superare l’idea di accessibilità a cui siamo comunemente soliti pensare e a cui il mercato si è abituato negli anni. Soprattutto se si tiene conto del fatto che, stando a dati della World Health Organization che ci fornisce l’Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) – da oltre 20 anni in prima linea per il turismo accessibile e l’empowerment delle persone con disabilità con il progetto Europe Without Barriers -, attualmente circa 1,3 miliardi di persone vivono con una significativa disabilità. Un numero in aumento, in parte a causa dell’invecchiamento della popolazione (entro il 2050, 1 persona su 6 nel mondo sarà over 65) e dell’incremento della prevalenza delle patologie croniche a lungo decorso che derivano da una combinazione di fattori genetici, fisiologici, ambientali e comportamentali. Puntando, nello specifico, la lente sul nostro Paese, ad oggi le persone con disabilità sono 13 milioni e non bisogna trascurare il progressivo invecchiamento demografico in atto.

Quindi, sì il rispetto delle regole e la funzionalità, ma è quanto mai necessaria un’attenzione a 360 gradi. “Accessibile vuol dire accessibile a chiunque” rimarcano Marco Pizzio e Rachele Paolucci, rispettivamente head Accessible Tourism & Mice e coordinatrice Area Turismo Accessibile & Mice di Aism.

“L’obiettivo – spiega Pizzio riferendosi all’offerta turistica nel suo complesso – è di arrivare a una destinazione inclusiva per tutti, sia per le persone con disabilità motoria, sia per le persone con disabilità cognitiva, sia per i genitori con bambini, sia per tutti quegli elementi collegati all’alimentazione, che possono essere legati a una scelta, o alla religione. Accessibilità è un concetto più ampio, volto a tenere in considerazione tutti gli elementi che rendono un servizio fruibile a tutti”.

È quindi cruciale, in questo contesto, pensare alla struttura ricettiva come parte integrante di un’esperienza turistica completa. “Noi parliamo di destinazioni – precisa Paolucci – perché l’esperienza turistica non si limita a un hotel accessibile o a un ristorante con menù halal, ma inizia nel momento in cui una persona pensa alla propria vacanza e, quindi, da quando cerca informazioni online, le ottiene, la può prenotare con facilità ed è in grado di raggiungere la destinazione. Quindi, sicuramente, la struttura alberghiera è fondamentale, ma lo sono anche tutti quei servizi che ruotano attorno al pernottamento, perché una volta tornati a casa è il momento del feedback”.

Ciò impone agli imprenditori una riflessione anche sulla comunicazione, poiché un’altra carenza che si registra è, riferisce Paolucci, “una mancanza di informazioni verificate e aggiornate”.

Su questo fronte la tecnologia può correre in aiuto e colmare i gap, ma soprattutto è opportuno un cambio di mentalità tenendo a mente che il diritto al viaggio, che deve essere di tutti. E da qui, quindi, educare gli imprenditori a investire “verso ciò che fa vivere un’esperienza” rimarca l’architetto Catania.

Un’opportunità anche sul piano economico. “Agli imprenditori – continua l’architetto – diciamo che devono investire in accessibilità non per un obbligo, ma perché darebbero risposta a moltissime più persone, per cui potrebbero avere una brand awareness più alta e potrebbero fare un business sociale e avere più soddisfazioni economiche, allargando il target di utenza, nonché essere innovativi”.

La strada è andare oltre ‘l’hotel o la spiaggia per disabili’, il numero x di camere o le postazioni ideate ad hoc, pensando piuttosto a spazi e servizi per turisti, perché “parliamo di consumatori che ora generano dal 15 al 20% del Pil turistico, secondo il ritorno che ci danno le destinazioni con cui collaboriamo” fa notare Vitali.

“Bisogna trasformare le persone con disabilità in clienti” gli fanno eco Paolucci e Pizzio di Aism. Un concetto su cui l’associazione sta lavorando promuovendo progetti formativi per l’hospitality nelle università e collaborando con studi di progettazione negli ambiti dell’hotellerie, degli eventi, del museale e del balneare.

Per questo motivo la consulenza di realtà come V4A e Aism si rivela cruciale negli iter di progettazione, per fornire ai professionisti una fotografia attenta e realistica delle reali esigenze dei consumatori con necessità di accessibilità. Elemento che la sola formazione accademica non può fornire.

Ma come si sviluppa nei fatti un percorso progettuale di ‘universal design’ e quali sono le priorità da tenere a mente? Nel caso di Lombardini22 e Village for All, racconta Catania, “facciamo insieme un audit di accessibilità delle strutture o valutiamo i requisiti dei progetti che gli imprenditori ci presentano per accompagnarli fino a compimento.Ci concentriamo su tre aspetti fondamentali: qualità architettonica, qualità del comfort ambientale interno e qualità della comunicazione”.

Se soddisfatte, queste tre qualità portano alla realizzazione di un progetto il più accessibile possibile. Sebbene, conclude l’architetto, “il progetto più accessibile e inclusivo per eccellenza, quello perfetto non esiste, perché ci sono soluzioni che vanno bene per qualcuno, ma per altri non sono ottimali”. Per questo la vera sfida dell’hospitality è quella dell’universalità.

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