Ci ha lasciato Simone Micheli, architetto di fama internazionale che per anni ha collaborato con InOut regalandoci spunti preziosi per i servizi pubblicati sul magazine InOut Review e rendendosi uno dei protagonisti di maggiore spicco in diverse edizioni della manifestazione riminese. Appartenente a una generazione di architetti in progress, che perseguono un’architettura rigenerabile, ibrida e contaminata, Simone Micheli ha sempre mirato a narrare una storia con ognuna delle sue opere in quella che lui stesso definiva ‘architettura della comunicazione’.
Sperimentatore curioso e attento al dettaglio e amante delle soluzioni plastiche e degli spazi avvolgenti, definiva regole e precetti “espressioni di potere che tendono a opprimere l’individuo, a negare il diverso, a escludere le eccezioni”. Anche per questo nel campo dell’hospitality preferiva lavorare su hotel indipendenti “perché quelli di catena – ci spiegava – hanno troppi vincoli che imbrigliano la fantasia. Nella mia visione l’hotel, pur avendo grandi spunti di funzionalità, deve avvicinarsi al mondo dell’opera d’arte. In questo modo si crea il ricordo e l’esperienza può diventare memoria attiva”.
Gli hotel con stereotipi formali, aggiungeva, non danno niente: “Anche in Italia abbiamo norme legate a un passatismo che fa fatica a venire superato e, in questo senso, gli hotel singoli hanno una marcia in più: possono essere liberi e lo possiamo essere anche noi creativi”.
Una libertà che l’architetto rivendicava anche nel caso di riconversione e ristrutturazione di edifici storici, pur mantenendo sempre un approccio rispettoso del passato con il suo studio Simone Micheli Architectural Hero, fondato nel 2003. “Non si tratta mai di un semplice contrasto tra il vecchio e il nuovo – ci faceva notare -, ma di un dialogo profondo che mette in luce le potenzialità di entrambi i mondi. L’obiettivo è di mantenere viva l’essenza storica dell’edificio, facendola evolvere in una nuova veste che risponda alle esigenze moderne senza snaturarne l’identità”. Nella sua visione la contemporaneità si inserisce, dunque, come un’evoluzione, piuttosto che come una rottura, “evitando eccessi o dissonanze che potrebbero compromettere l’armonia complessiva”.
E proprio sulla libertà delle forme e la multisensorialità dell’esperienza alberghiera che Simone Micheli si era concentrato in THAT’s the POINT | luxury suite, la sua mostra evento allestita a InOut| The Hospitality Community 2025. Un viaggio attraverso forme audaci, tecnologie all’avanguardia, sostenibilità e identità espressiva, dove ogni elemento era progettato per stupire e ispirare. Un manifesto immersivo sull’evoluzione dell’ospitalità contemporanea, che aveva portato in scena un ambiente ideato come una vera e propria installazione artistica tridimensionale, in cui tutti i prodotti erano designed by Micheli. Al centro dell’allestimento, su 900 mq di spazio espositivo, una luxury suite di 200 mq, una lounge per networking e relax e un temporary bookstore con i progetti più iconici dell’architetto designer.
Nell’edizione 2025di InOut| The Hospitality Community Simone Micheli aveva anche vinto l’ADI InOut Hospitality Design Award con un prodotto per l’outdoor: il Gazebo 2.0 da lui firmato per l’azienda Raggini di Cerasolo Ausa (Rimini).
Un ricercatore instancabile, con lo sguardo sempre rivolto al domani: “Come sarà l’hotel del futuro? – si chiedeva – Sarà l’hotel che non c’è, una struttura presente nel metaverso e che potrà essere visitata e fruita in modo virtuale”. Un ambiente allo stesso tempo open air e denso di particolari di interior design, dove la libertà regnerà sovrana: “Non ci sarà forza di gravità – racconta l’architetto -, non ci saranno vincoli di costruzione: l’hotel del futuro sarà l’espressione della visione degli architetti, che da creativi potranno trasformarsi in creatori”.
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