Una dimensione soggettiva, un concetto che non rappresenta il punto di partenza, bensì quello di arrivo di un progetto. Quando gli chiediamo cos’è, per lui, la bellezza architettonica Stefan Rier, architetto e co-fondatore dello Studio NOA non ha dubbi: è un percorso emotivo. “Il nostro obiettivo – specifica subito – non è ‘fare qualcosa di bello’, ma creare spazi capaci di mettere in vibrazione emotiva. L’architettura – aggiunge – può attrarre, stupire, repellere… Attraverso il vuoto, il pieno, la luce, il ritmo, la materia. Anche il tempo che impieghiamo per attraversare uno spazio e il modo in cui questo si rivela al corpo diventano parte integrante del percorso emotivo”.
Non si può prescindere, è chiaro, dai principi di simmetria, proporzione e armonia, ma si deve tenere ben presente che non sono fini a se stessi: sono semplicemente strumenti: “Nelle nostre architetture – spiega Rier – il punto di partenza è sempre l’organizzazione funzionale dello spazio: si parte da un organigramma, dalla logica dei percorsi, dalla fruibilità per l’utente. È da questa rete di relazioni e flussi che nasce lo spazio architettonico. Solo successivamente si stratificano quegli elementi che generano emozione, senso, e per alcuni, bellezza”.
“Siamo allergici alle regole”
Si parlava, prima, della soggettività della dimensione estetica, e su questo punto Rier non potrebbe essere più esplicito: “Siamo altamente allergici alle regole imposte in modo rigido – sostiene -, a quelle prescrizioni tecniche che vengono presentate come verità assolute. Ogni architetto, ogni studio, dovrebbe costruire un proprio codice etico e progettuale, piuttosto che aderire ciecamente a dogmi esterni. Siamo allergici, ad esempio, a chi impone che l’isolamento debba avere esattamente un certo spessore “perché sì”, senza considerare il contesto, il progetto, l’intenzione architettonica”.
Bando, dunque, ai meri esercizi stilistici: la bellezza si deve coniugare, per Rier, con l’efficienza: se lo spazio è pensato per essere realmente vissuto e se, soprattutto, è in diretta connessione con il territorio, genera esso stesso una bellezza autentica.
“Nel nostro manifesto, racconta l’architetto – affermiamo: ‘Vogliamo offrire interpretazioni sorprendenti degli spazi in cui la nostra architettura si inserisce. Dove il paesaggio e il contesto sono sempre i protagonisti”. Per noi, progettare architettura senza una connessione profonda con il territorio è impensabile: non appartiene al nostro modo di lavorare. Tutti gli attori coinvolti in un progetto devono tuttavia entrare in sintonia con il paesaggio e il contesto in cui si inseriscono. In particolare, l’albergatore ha un ruolo cruciale: è lui l’ambasciatore del territorio, colui che deve saper trasmettere valori, significati e storie legate al luogo”.

Zallinger ©AlexFilz
Lo dimostrano progetti come Zallinger e Apfelhotel, dove la sinergia tra architettura, paesaggio e gestione si traduce in esperienza. “Chi sceglie di andare in vacanza – spiega Rier – spesso lo fa per scoprire un territorio. Ed è proprio attraverso l’albergatore – se svolge bene il suo lavoro – che l’ospite riesce a entrare davvero in contatto con il luogo ed spinto a tornare”.
Dopo oltre un decennio di attività NOA è attiva in molti progetti, anche lontano dalle Alpi: sul lago Maggiore, lungo la costa albanese, in Olanda e negli States. Tuttavia, essere nati in Alto Adige ed esservi tornati per creare NOA ha trasmesso ai fondatori dello studio una forte consapevolezza della fragilità degli ecosistemi in cui si inseriscono. Fondamentale, per loro, è dunque sempre interrogarsi sul contesto, sulla relazione con il paesaggio e sul ruolo che l’architettura può assumere in esso. “Per Zallinger, ad esempio, siamo riusciti ad attivare un processo che ha portato al blocco del traffico di un’area sull’Altopiano di Siusi, mentre l’Apfelhotel Torgglerhof in Val Passiria è un progetto di ospitalità che richiama la tipologia storica della corte diffusa. E poi l’Olympic in Val di Fassa, il Falkensteiner Lido in Val Passiria, Aeon sull’altopiano del Renon… Lavori tutti differenti l’uno dall’altro, ma che partono sempre da una considerazione comune di quale storia possano farsi ambasciatori”.

Falkensteiner Lido ©AlexFilz
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