Cambiano le esigenze dei viaggiatori, sempre più alla ricerca di esperienze trasformative, e con esse deve saper cambiare anche la vision degli imprenditori dell’hospitality. “Il lusso vero è dato da tempo, spazio, tranquillità e conoscenza. Il cliente va educato affinché si trasformi in ospite e, per farlo, c’è bisogno di fargli capire che viene in vacanza per portarsi appresso pezzi di umanità o di identità”. Michil Costa, managing director & owner degli hotel La Perla di Corvara, Berghotel Ladinia e Posta Marcucci, ha esordito con queste parole al talk di TTG Day 2025 dedicato alle case history nel mondo dell’hospitality all’insegna della “follia che rende unici”.

Con lui sul palco Filippo Ribacchi, presidente di BZAR hotels e Alessandro Riva, curatore dell’arte dell’hotel Galleria Vik Milano. “Noi – ha sottolineato Ribacchi – puntiamo tutto sui servizi, che offriamo gratuitamente grazie a un experience manager coordinator che guida gli ospiti alla scoperta degli aspetti più inediti di Roma. Per noi il soggiorno è da intendersi come percorso e conoscenza del luogo”.

“Nel Vik Milano – ha evidenziato Riva – portiamo l’arte in ogni stanza dell’hotel, garantiamo una vera e propria esperienza immersiva perché ogni camera è creata da un artista che ha messo il suo nome sulla porta. Questo ha creato un mix completamente nuovo, in cui lo stupore è importante, ogni stanza è diversa dall’altra e i mobili si abbinano alle opere, non viceversa: abbiamo creato le stanze sulla base delle opere”.

L’albergatore perfetto

E Costa ha sottolineato quale sia, secondo lui, la definizione dell’albergatore perfetto che, spiega, deve “sapere ciò che l’ospite intuisce appena. L’ospite non sa che va alla ricerca di un senso più profondo della vita. I collaboratori vanno formati. Solo così si dà vita a uno scambio di pensieri e azioni tra ospite, collaboratore e comunità locale. Io non sopporto i resort perché lì c’è una scissione tra l’ospite e la popolazione locale. Da noi i locali si mischiano con gli ospiti in una contaminazione reciproca”.

Un mix che contribuisce a trattenere gli ospiti, così come quello che Ribacchi ha definito lo ‘slow tourism’: “Cerchiamo di trattenere i turisti per far loro scoprire i tesori delle città. Io vedo, in futuro, le reception senza computer: chi ha il confronto diretto con l’ospite deve avere conoscenza del luogo in cui vive. Per questo bisogna formare bene i receptionist, che devono essere ambasciatori delle bellezze delle città d’arte. Allo stato attuale i turisti internazionali si fermano a Roma per una media di 1,15 giorni: un valore che va assolutamente cambiato”.

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