Suscitare emozioni e sensazioni con la vista. Trasportare l’ospite in un tempo passato o futuro, provocare in lui una risposta emotiva, sollecitando quel bagaglio di costrutti evolutivi, conoscenze innate e retaggi culturali che portano ad attribuire un determinato significato a uno stimolo visivo. Il perfetto equilibrio tra colori e luci può essere determinante nella caratterizzazione di un ambiente, contribuendo significativamente alla costruzione di un’esperienza sinestetica, capace cioè di coinvolgere sensi e percezioni diversi, ma soprattutto alla dichiarazione di intenti di una struttura ricettiva, perché come spiega su InOut Review Carla A. Bordini Bellandi, esperta in colore e color designer, “il colore è comunicazione, racconta a tutti le stesse cose e se scegliamo colori sbagliati, la comunicazione del nostro albergo sarà sbagliata”.

Poiché, continua Bellandi, “l’orientamento dell’uomo verso il colore è inconsapevole e inconscio, fa parte di noi da sempre, è una eredità ricevuta dai nostri antenati”, le implicazioni semiotiche, simbiotiche, psicologiche, culturali ed evolutive sono molteplici nella costruzione di un progetto che si basi su cromatismi decorativi e giochi di luce.

In questo l’arte è da sempre una grande maestra: basti pensare all’uso di luce e ombre  nei quadri del Caravaggio o del rosso e della luce naturale nei film di Stanley Kubrick, per opera del direttore della fotografia John Alcott. Personaggi che conoscevano molto bene la forza evocativa, simbolica e comunicativa di illuminazione e colori.

Effetti diversi a seconda dei colori

Così un uso attento e consapevole di questi elementi può fare la differenza per dare personalità a un hotel o valorizzare, per esempio, una dimora storica riconvertita all’hospitality.

“A seconda dei colori, ma anche della concentrazione del colore otterremo effetti diversi. Toni freschi in una spa permetteranno di rilassarci e sopportare le temperature di una sauna; caldi spingeranno alla convivialità e alla conversazione” precisa Bellandi, rimarcando come possa essere utile “a livello di ambientazioni cercare di creare una sorta di tridimensionalità, che ci permetta di riconoscere gli oggetti e comprendere come sono stati combinati. Se riusciamo a calibrare, come in un quadro, il chiaro, lo scuro, la saturazione e la chiarezza dei colori, riusciamo a progettare un ambiente più vario e interessante dal punto di vista visivo”. Questo perché per natura siamo portati a ricercare stimoli e informazioni.

Ecco perché, per esempio, suggerisce che “il total white è quanto di peggio si possa pensare, in quanto iperluminoso e ipostimolante, non ha contenuto a livello psicologico. È privo di informazioni e noi abbiamo bisogno di informazioni”.

Allo stesso modo, però, non bisogna sfociare nel massimalismo o nell’eccesso di combinazioni estrose, esagerando per esempio con materiali lucidi o opachi, per non incorrere nel rischio di rendere sul lungo periodo invivibile un luogo.

In questo caso Bellandi fa l’esempio di ambienti costruiti per essere instagrammabili. “Questo tipo di ambiente – consiglia – dev’essere qualcosa di limitato rispetto a tutta la struttura, un ristorante o un piccolo bar, perché dopo giorni potrebbe diventare insostenibile e fastidioso”. Buona pratica è “trovare un equilibrio” cromatico, spiega la color designer, e “organizzare percettivamente gli spazi”, appoggiandosi se possibile a una figura esperta che sappia travalicare le mode del momento, troppo effimere per ambienti che, anche per ragioni di costi, devono avere vita lunga. “Quando un proprietario d’albergo decide di ristrutturare, anche solo cromaticamente, la sua struttura il restyling deve durare cinque, sette o dieci anni, mentre ogni sei mesi nascono tendenze di colore diverse. Va da sé che seguire i trend del momento non sarebbe una scelta sostenibile sul piano economico. Difficilmente si rientrerebbe dell’investimento fatto, a meno che, ovviamente, non si disponga di somme importanti”. Già nella moda, riflette Bellandi, “la tendenza colore lascia il tempo che trova; è più importante, invece, creare un progetto che abbia basi solide. Costruito sull’età della struttura, sulle sue finalità e, punto fondamentale, sul target e sui suoi stili di vita. Attorno a questi elementi costruire un’idea – precisa -. Poi è anche vero che la tendenza colore può farci entrare in una certa logica temporale, ma, nell’ottica di ricercare una buona dose di unicità, è fondamentale creare un progetto ad hoc, che provi ad abbracciare lo spirito del tempo, la finalità e lo stile di vita che vogliamo rispecchiare”. Non limitandosi alle finiture decorative più scontate. “Il colore non è dato solo dalle pareti e dai pavimenti, ma da tutti gli elementi che rientrano nello spazio. I complementi d’arredo, i materiali e le texture che si scelgono concorrono a creare un clima cromatico. Se riusciamo a combinarli, scegliendo l’interazione corretta degli elementi, diamo un ritmo”.

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