Vogliono spazi aperti e votati alla socialità, ma anche ricchi di corner dove potersi rifugiare per salvaguardare la loro privacy. Vogliono strutture attente all’ambiente, ma che rifuggano dalla standardizzazione ecologica. Vogliono hotel speciali, indipendentemente dalla categoria, che si facciano ricordare.

 

Sono i digital nomad, una generazione piena di contraddizioni e profondamente immersa nella tecnologia, che mescola lavoro e relax anche all’interno della stessa giornata e per intercettare la quale occorre ridisegnare completamente l’architettura delle aree comuni e l’interior design degli hotel. Concentrandosi su due obiettivi: la flessibilità totale a livello di spazi e servizi e la fluidità della struttura, che dev’essere aperta alle contaminazioni con l’esterno, in un interscambio costante tra ospiti e local.

“Intendiamoci bene – esordisce l’architetto Teresa Sapey -: per i giovani il concetto di ‘casa lontano da casa’ è ormai superato: dal momento che, lavorando da remoto, sono tutto il giorno isolati, quando staccano vogliono sentirsi vivi, in uno spazio che non riproduca l’interno domestico ma che, anzi, sia soprattutto un hub sociale. I giovani vogliono essere visti e vogliono vedere, hanno fame di socialità”. Secondo l’architetto, che ha fatto del design giocoso e del senso unico dei colori la sua cifra stilistica – tra i suoi ultimi interventi nell’hospitality quello su Palazzo dei Fiori, il nuovo indirizzo veneziano di Room Mate Hotels -, sono due gli aggettivi che devono connotare l’hotel innovativo: sorprendente ed emozionante. “I digital nomad cercano situazioni indimenticabili, che è impossibile riprodurre digitalmente”. Spazio, dunque, alla fantasia: l’hotel dev’essere divertente, non asettico, osare sia nell’organizzazione degli spazi comuni, sia nell’arredo delle camere. “Io ritengo sorpassata l’immagine del grande albergo dai colori neutri, quasi ospedalieri – conclude Sapey -: gli ambienti devono stupire grazie ai colori”.
Un suggerimento colto appieno da Mama Shelter, il brand dell’ospitalità lifestyle nato a Parigi per volontà della famiglia Trigano, co-fondatrice del ClubMed, e che in Italia ha una struttura a Roma.

“Mama Shelter Roma, così come gli altri nostri indirizzi – spiega Hasan Saad, nuovo direttore dell’hotel romano -, si caratterizza per uno spirito colorato, giocoso, irriverente e inclusivo e il design gioca un ruolo di primo piano, come tratto distintivo e manifestazione visibile dell’ideale del gruppo”.

Il design dell’hotel è stato studiato dal team di Mama Design Studio, guidato da Benjamin El Doghaïli. “Negli spazi meeting, i nostri Atelier, sono banditi gli ambienti asettici, il bianco e il grigio – sottolinea il direttore -; sono spazi coloratissimi, giocosi e vivaci, dove i momenti di break possono essere impiegati in una partita a calcetto o giocando a bocce nell’area esterna dell’hotel, per ossigenarsi e rilassarsi al tempo stesso”. Concorda con lui Luca Boccato, amministratore delegato di HNH Hospitality, che ci spiega come le strutture possano dotarsi di aree ‘fluide’, “ad esempio sale riunioni con opzioni di food & beverage o di gaming” dice. E cita il caso dei voco con i calcetti, i biliardi e i flipper intorno agli spazi meeting e un format f&b specifico per queste strutture, il ‘Ludico Restaurant’.

Per intercettare la Gen Z l’hotel deve, dunque, spingersi oltre i suoi limiti e ambire a diventare una struttura funzionale per creare relazione e interazione. È questa l’idea che guida Fabio Coppola, chief vision officer di YellowSquare, l’azienda conosciuta per i suoi vivaci hybrid hotel a Milano, Roma e Firenze cui si aggiungerà, nel 2025, l’indirizzo di Pisa. “Nelle nostre strutture – spiega – siamo riusciti a raggiungere il match perfetto tra ospiti e local, rendendole più interessanti degli hotel tradizionali”. Il progetto YellowSquare fa proprio il concetto della ‘mixité’ urbanistica, che rifugge dalla zonizzazione ma mira a creare un ambiente permeabile alle influenze dell’esterno e vivo a tutte le ore. “Da noi, ad esempio, bar e reception si fondono e sono seguiti dallo stesso personale, che interagisce con gli ospiti a livello umano più che funzionale. Gli spazi comuni, poi, sono accoglienti ma non troppo seri: l’aspetto monumentale, infatti, secondo me toglie la voglia di aggregazione”. A Milano, ad esempio, alla reception un tavolo gigante accoglie chiunque voglia lavorare insieme agli altri, tra i servizi c’è quello di parrucchiere aperto anche alla clientela esterna e, alla sera, si organizzano eventi culturali e musicali – il palinsesto nelle strutture italiane ne comprende circa 700 l’anno -. “Tra i nostri obiettivi – spiega Coppola – c’è anche l’internazionalizzazione dell’italiano medio. Basti pensare che solo l’85 % dei nostri clienti è italiano, per cui entrare nelle nostre strutture significa anche poter conoscere giovani di tutte le nazionalità”.

Ricco anche il calendario di eventi di Mama Shelter: “Tutto questo è apprezzato dalla clientela business – sottolinea il direttore -, che è alla ricerca di spazi non convenzionali e di proposte coinvolgenti come le nostre MasterClass, team building dove produttività fa rima con divertimento”. Gli ospiti individuali appassionati d’arte potranno invece approfittare delle esperienze di pittura offerte dal Muraless Art Hotel di Castel d’Azzano, alle porte di Verona: la prima struttura ricettiva in Europa dedicata alla Street Art, con camere realizzate da street artist di fama.

Dagli spazi comuni alle camere: il concetto di nomadesimo contemporaneo, nella visione dello studio di architettura Debonademeo, si traduce in uno spazio polifunzionale, aperto e trasformabile, per il nuovo modo di fare turismo, senza barriere né mentali, né fisiche tra momenti di lavoro e di piacere. “La room che abbiamo presentato all’ultima edizione di InOut | The Contract community – spiegano i fondatori dello studio, Luca De Bona e

– non ha pareti divisorie prestabilite e si modifica sulle esigenze della giornata tipo dell’ospite, che può portare con sé la famiglia e, all’interno della stessa camera, ritagliarsi momenti di relax alternati a quelli lavorativi”. La camera tipo è dunque concepita in due macroaree: quella del riposo che include letto, armadio e bagno e quella della veglia, con scrivanie e sedute per il relax. Le pareti si smaterializzano trasformandosi in linee di costruzione, segni grafici entro i quali prendono forma gli ambienti dedicati alle diverse funzioni. Protagonista della ‘Nomadhotel’ room è il sistema di sedute modulari cablate, screen, piani e tavolini ‘Passepartout’ di Adrenalina, disegnato da Debonademeo nel 2023 e caratterizzato da una struttura in metallo tubolare verniciato e integrata ad hoc per InOut da pannelli fonoassorbenti Slalom. “Una soluzione molto versatile – spiegano gli architetti – con elementi modulabili che possono essere installati senza dover stravolgere la camera. Un’idea che ha incontrato il favore soprattutto degli alberghi ospitati in edifici storici vincolati dalla Soprintendenza”.

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