Accogliente, ma anche sorprendente; familiare, ma anche memorabile; semplice, ma anche riconoscibile e unica; estrosa, ma anche rilassante. Nell’hospitality la definizione della camera da letto include tutti questi aggettivi, e anche di più. Contraddizioni solo apparenti per un luogo diverso da dove viviamo normalmente; un altrove che, proprio per la sua natura di esperienza transitoria, si carica nell’immaginario di aspettative ben più alte rispetto a quelle che si hanno per una semplice stanza di casa.
“Nella camera d’albergo – spiega Marco Corti, fondatore a Milano di Kemistry of Style e art director di Diviana – si lavora, si legge, si guarda la tv, si mangia e si ama. L’obiettivo della progettazione dev’essere, quindi, creare un ambiente che accolga queste esperienze in armonia, combinando funzionalità e comfort”.
Un luogo polifunzionale che non può e non dev’essere inteso come sostitutivo del contesto domestico, ma proprio per questo dev’essere ancora più rassicurante. “Alla base di tutto – aggiunge Nicola De Pellegrini, fondatore dello Studio Anidride Design – c’è il comfort sensoriale: un equilibrio armonico tra luce, materiali, suoni, temperatura e proporzioni che agiscono insieme, all’unisono, per far riposare i nostri sensi e permetterci di ritrovare un benessere profondo”.
D’accordo con lui Flaviano Capriotti, che recentemente ha firmato il rinnovamento del Park Hyatt Milano e delle suite del Faloria Mountain Spa Resort: “Un hotel – ci spiega – non potrà mai essere una vera ‘casa lontano da casa’: è uno spazio fisicamente diverso, vissuto in modo temporaneo, privo delle presenze familiari, degli oggetti e delle abitudini che definiscono la quotidianità domestica”.
Il progetto deve dunque confrontarsi con questa distanza, cercando di colmarla attraverso l’esperienza che il viaggiatore si aspetta di vivere. “I lavori di hospitality curati da Mo.1950 – raccontano i rappresentanti di LualdiMeraldi Studio, che è stato nominato alla direzione artistica di Mo.1950 – non replicano la casa, ma ne evocano il senso di intimità ed equilibrio, cercando di dar vita a un’esperienza di fruizione intensa e curata. La camera di hotel diventa, dunque, una ‘pausa ideale’: familiare ma allo stesso tempo sorprendente”.
E Gabriele Gascón, il cui studio d’architettura è dedicato esclusivamente al mondo dell’hospitality, parla dell’hotel come di una ‘casa evoluta’: “Mantengo i gesti familiari – spiega -, ma amplifico ciò che in casa spesso non è curato come in albergo. E la camera è un concentrato di esperienze – relax, lavoro, sonno, rigenerazione -; deve dare il meglio di sé in poco tempo”.

Il Mansio – Vegan Boutique Hotel a Desenzano del Garda – ph. Giorgio Baroni
Il viaggio è una scoperta
Carlo Donati, fondatore di Carlo Donati Studio, vuole aggiungere al ragionamento un tassello in più: “Credo – sottolinea – che non vadano confusi i concetti di comfort e benessere con l’identità del luogo. Sentirsi bene – spiega – non vuol dire necessariamente sentirsi a casa. Il viaggio è una scoperta, è vivere un’esperienza nuova e diversa rispetto alla quotidianità. E la camera è il primo segno tangibile di questa esperienza”.
Di scoperta parla anche David Morini, ceo Pelizzari Studio: “L’hotel diventa per noi un luogo dell’anima: deve offrire un senso di intimità, ma anche di rivelazione, attraverso un equilibrio tra comfort, bellezza e memoria del luogo”. Imprescindibile, dunque, il legame con il territorio: “Al Garden Annex Rastrello Boutique Hotel a Panicale – continua Morini parlando di due progetti di Pelizzari Studio – l’atmosfera domestica è filtrata dalla memoria del borgo e dal tempo che scorre lento tra le pietre. A Il Mansio – Vegan Boutique Hotel a Desenzano del Garda, invece, il senso di casa è sublimato in un rifugio etico, dove ogni scelta – dai materiali al cibo – parla di rispetto e consapevolezza”.
A focalizzarsi sull’esperienza sensoriale è anche Anna Palucci, che per l’edizione 2025 di InOut|The Hospitality Community ha ideato, insieme agli altri architetti di W7.0 per ‘Fai la mossa giusta’ l’installazione Hotel in Motion, mettendo al centro il concetto di ‘Destination Hotel’ come modello architettonico ed esperienziale. “Ogni camera da letto di una casa privata – sottolinea Palucci – porta in sé i segni caratteriali di chi la vive a prescindere dallo stile degli arredi, mentre una camera di hotel è uno dei primi tasselli di una scelta progettuale che dà un’identità alla struttura di cui fa parte”.
“Il valore strategico del design di una camera – prosegue Palucci – non è solo una questione estetica, ma il racconto di un’esperienza sensoriale unica, che parla tramite un posizionamento di arredi, una serie di finiture e luci”.

Comfort multisensoriale
Prioritario, per gli architetti e i designer, resta dunque il comfort emotivo e multisensoriale, in uno spazio limitato dove, però, tutto deve contribuire a creare un’atmosfera accogliente in quella che diventa, a questo punto, a tutti gli effetti una scenografia del riposo: “Luce, suono, materia e profumi si fondono – dice Morini – per lasciare una traccia emozionale. L’obiettivo non è riprodurre il quotidiano, ma creare un ricordo sensoriale”.
E Capriotti ci prende per mano e ci conduce alla scoperta della camera multisensoriale: “La percezione visiva – racconta – è guidata dalla scelta di colori e materiali in grado di trasmettere calore ed espressività. La dimensione tattile si articola, invece, attraverso superfici materiche, morbide o rigide, calibrate in relazione al grado di interazione con il corpo”. E poi la qualità acustica degli spazi, assicurata dal controllo del rumore e dalla riduzione dei fenomeni di riverbero.
“Le componenti olfattive e gustative, infine – aggiunge Capriotti – sono demandate alla gestione dello spazio, dove profumi e sapori contribuiscono alla costruzione di un’esperienza sensoriale completa e memorabile”.

Palazzo Giovanelli, Courtesy by Gascón Group
Le palette cromatiche
Colori naturali, polverosi, caldi ma non invadenti: gli architetti in genere sposano tonalità che rilassano e appartengono al paesaggio, ma non solo.
“Ci si può basare su toni neutri e calmanti come bianco, beige, grigio e tortora – dice Palucci -, per poi aggiungere personalità con accenti di colori caldi o freddi, come il blu, il verde pastello, il terracotta o sfumature pesca. La tendenza del ‘quiet luxury’, ad esempio, predilige la combinazione di toni neutri con accenti caldi come marrone e terracotta e tonalità fredde come il grigio e il blu”. L’importante, aggiunge De Pellegrini, è garantire sempre un senso di calma e autenticità.
“In genere – precisa Giorgio Visentin, project manager di MMA Projects – per gli hotel che curiamo usiamo colori pastello, mai netti: il bianco, ad esempio, non è mai bianco ottico. Dico in genere perché ad esempio il Mama Shelter Dubai, che abbiamo sviluppato per il Gruppo Accor, fa eccezione, con le sue punte di colore e l’audacia progettuale di certe suite. Io, tuttavia, ho voluto dormirci e devo dire che, nonostante le pennellate di bianco, rosa e nero, la sensazione è stata più soft di quella che immaginavo. La privacy e la tranquillità sono comunque garantite”.
Fondamentale, secondo Corti, “è che i colori siano coerenti con l’atmosfera desiderata: “Tutte le palette possono funzionare – sottolinea -, la scelta dipende dal contesto, dall’ambiente circostante e dall’identità della struttura. L’obiettivo dev’essere, però, garantire un’esperienza visiva armoniosa e rilassante”.
“Al Rastrello – racconta Morini – i toni riprendono la pietra serena e i mattoni del borgo; al Mansio prevalgono invece i neutri, i beige e i verdi delle foglie d’ulivo”.
Secondo Capriotti, però, si può anche osare di più, pur mantenendo il legame con il territorio: “La palette cromatica – spiega – può andare oltre le tonalità neutre: il contrasto diventa elemento progettuale, purché mantenga coerenza con il luogo e contribuisca a generare un’atmosfera di equilibrio e comfort”.
Sulla stessa linea Donati, per il quale la ricerca dell’identità e l’allontanamento dall’international style senz’anima passano anche e soprattutto dalle scelte cromatiche e materiche: “Nei nostri progetti per camere in Engadina e in Svizzera a Saas Fee – spiega – abbiamo impiegato la pietra locale Serpentino grezza in grandi formati, abbinata al rovere scuro. Nel residence calabrese di Praia a Mare abbiamo usato pietra vulcanica nera locale e creato terrazze tipicamente eoliane con panche in muratura in resina chiara”.
Il fattore sonno
La camera da letto sarà anche polifunzionale, ma la sua funzione primaria resta una, e una sola: garantire un sonno profondo e ristorativo.
“Progettare uno spazio di riposo – evidenzia Gascón – significa orchestrarne la fisiologia, non solo l’estetica. La garanzia di un sonno continuo è l’esito di tre variabili: luce, rumore e temperatura tenute entro soglie precise”. Gascón concorda con le rilevazioni dell’Harvard Healthy Buildings, che consiglia una camera intorno ai 18-21 gradi: “Un ambiente fresco e stabile – ci dice – facilita l’addormentamento e riduce i risvegli”.
“Il Gruppo Accor punta molto sul sonno – aggiunge Visentin – ed è talmente sicuro della qualità del servizio che garantisce agli ospiti da dare loro la possibilità di acquistare sul sito il materasso su cui hanno dormito”.
Il ruolo della luce
Nell’esperienza degli architetti la luce è uno strumento narrativo, che va valorizzato ma anche piegato alle esigenze dei diversi momenti della giornata. “La luce è sempre protagonista – afferma Morini -: naturale, morbida, calibrata per accogliere corpo e mente”.
“La luce naturale del mattino – spiega Gascón – è la nostra medicina gratuita. I dati su lavoratori con e senza daylight sono eloquenti: più esposizione alla luce diurna significa più ore e migliore qualità del sonno”.
Sulla valorizzazione della luce naturale insiste anche LualdiMeraldi Studio, “ma con elementi che la filtrano e la ammorbidiscono, come tendaggi o vetri con particolari lavorazioni, mentre quella artificiale è pensata per accompagnare i diversi momenti della giornata”.
“Usiamo spesso livelli di illuminazione sovrapposti – aggiunge lo studio -, con fonti indirette, scenari dimmerabili e temperature di colore calde, per creare un’atmosfera dinamica, ma mai invadente”. Anche secondo Palucci la flessibilità della luce artificiale è garantita da sistemi dimmerabili e luci che possono riprodurre diverse tonalità di colore e intensità.
Un gioco di sfumature che agli occhi dell’ospite deve risultare naturale, quasi spontaneo, ma che in realtà, come fa notare Capriotti, cela una progettazione attenta per arrivare a trasmettere “calore e comfort, creare contrasti di luci e ombre e mantenere un carattere discreto e non invasivo”.
“La luce artificiale – aggiunge Gascón -, se ben progettata, crea forti emozioni, scenari che sorprendono e danno anche un senso di accoglienza e comfort che ti fa sentire la camera scelta più tua, più armonica”.
Leggermente meno caldo dell’usuale il colore della luce preferito da MMA Projects: “Di solito si usa una luce a 2700 gradi Kelvin – spiega Visentin -; noi invece scegliamo i 3000 gradi Kelvin, che non alterano le cromie e il progetto della camera. Una luce, per intenderci, ancora gialla ma non troppo, che non rovina la sensazione di tranquillità e favorisce il comfort visivo”.
Un’attenta progettazione
Difficile comunque, secondo Donati, il bilanciamento tra luce naturale e luce artificiale: “L’illuminazione – sottolinea – dev’essere discreta, calibrata, mai sfacciata e spettacolare. Una valorizzazione silenziosa dei materiali e dei colori”. L’importante, aggiunge De Pellegrini, è saperla controllare: “La luce naturale – argomenta – è un elemento essenziale del comfort indoor, è ciò che definisce il ritmo dello spazio e contribuisce al benessere psicofisico. Noi cerchiamo di valorizzarla, ma anche di controllarla”.
Versatile e flessibile, la camera si plasma sulle esigenze dei suoi ospiti integrando sempre più funzioni, dal relax alla lettura, dal lavoro all’attività sportiva. Lo spazio del riposo, prima nella mente e poi nelle mani dell’architetto, si carica di più significati stratificati fino ad arrivare a essere concepito come piccolo mondo a se stante, spazio polifunzionale e dall’identità forte, in grado di lasciare una profonda impronta emotiva.
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