L’Intelligenza Artificiale è destinata a influenzare ambiti operativi e professionalità, con figure emergenti come l’experience designer e il sustainability manager designer. Il primo progetta esperienze multisensoriali, il secondo strategie operative sostenibili

L’innovazione è riconfigurazione del pensiero. L’ultimo studio sulla “Design economy” di Symbola, Deloitte Private, Poli.Design e ADI – Associazione per il design industriale fotografa una tendenza destinata a rivoluzionare rapidamente anche il mondo del travel e dell’hospitality, agendo sia sul piano delle professionalità, con l’emergere di nuove figure e nuovi ambiti operativi, sia su quello della percezione degli spazi d’esperienza.

Nell’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale si accinge a compiere un passo evolutivo fondamentale, mettendo in questione la ragione umana attraverso processi generativi originali, il design thinking diviene una necessità vitale in ogni comparto, compreso ovviamente quello del travel, oggi in profondo cambiamento.

“In Italia come all’estero sono ancora pochi i soggetti che utilizzano l’IA seguendo una progettazione end-to-end tipica del designer – ha dichiarato Marco Maria Predazzo, esperto di design management -, il quale tiene conto dell’intera catena del valore utile per la persona. Centrale è il ruolo del designer nell’allineare qualità del dato, modelli di AI e monitoraggio dell’implementazione del processo, affinché tutto si traduca in valore aggiunto per il destinatario”.

Due delle figure emergenti che saranno indispensabili per il travel sono, in particolare, l’experience designer (quinta professionalità più richiesta nei prossimi cinque anni) e il sustainability design manager. Il primo progetta esperienze significative e multisensoriali collegate a prodotti fisici, così come digitali, onde rendere spazi e servizi più accessibili; il secondo identifica politiche e strategie operative sostenibili attraverso l’analisi di mappatura dei diversi processi aziendali, con particolare focus sull’area prodotto.

Entrambi potranno essere affiancati anche dal prompt designer (progettista che orienta lateralmente la processualità delle macchine) e dal bio designer (colui che integra processi vitali e digitali).

Sul tema delle figure professionali per il mercato italiano ci sono, però, nodi da risolvere. “Se guardiamo al nostro Paese – ha osservato Ernesto Lanzillo, Deloitte Private leader Italia – emergono alcuni gap che interessano tanto le infrastrutture quanto le competenze. Benché la design economy generi in Italia un valore aggiunto di 3,14 miliardi di euro, vantando oltretutto una performance del fatturato delle imprese al vertice nell’Unione europea (+27,1 per cento, il doppio della media Ue), senza rapidi interventi la leadership creativa di cui siamo detentori rischia un preoccupante rallentamento”.

Il mercato sta mutando rapidamente e l’offerta dev’essere in grado di modellarsi sulle nuove necessità dei viaggiatori. “Abbiamo bisogno di focalizzare maggiormente l’attenzione sui comportamenti dei nuovi target di utenti e clienti dei servizi – ha evidenziato Cinzia Pagni, presidente ADI Lombardia – perché concetti tradizionali su cui è stata costruita l’offerta di mercato stanno mutando di senso, generando non di rado risposte ambigue o contraddittorie. Uno dei più impattanti è certamente il lusso, che dall’idea di possesso di un bene materiale esclusivo si è evoluto in valore immateriale legato alla disponibilità di tempo per sé. Per quanto tragico nell’epilogo, il caso del sottomarino lanciatosi alla ricerca dei resti del Titanic con a bordo alcuni degli uomini più facoltosi del pianeta è un simbolo estremo di ciò che il viaggiatore di oggi cerca: qualcosa che sta al di là della comune accessibilità, ma al tempo stesso sia portatore di esperienze formative dal punto di vista scientifico, sociale e in generale culturale”.

“Sul fronte della programmazione dell’offerta – continua Pagni – l’Italia deve imparare a tradurre quella capacità creativa che da sempre la contraddistingue nella moda o nel design materiale, partendo dal recupero di strutture e territori di cui il nostro Paese abbonda, ma non è più consapevole”.

Esempi di questa tendenza si ritrovano nell’innovativo concept da cui hanno preso vita gli hotel Demo e Mode di Rimini, all’interno dei quali ogni spazio è il progetto di un progettista differente, valore aggiunto in grado di rimettere in discussione il criterio stesso di assegnazione delle stelle alle strutture alberghiere. Solo lungo la costa romagnola sono oggi presenti oltre 400 vecchie pensioni abbandonate, la cui riqualificazione potrebbe generare uno dei bacini d’ospitalità più originali al mondo, ma è sufficiente ripercorrere gli Appennini o inserirsi in quelle sacche di “paesaggio fragile” così ben descritte da Antonella Tarpino nel suo omonimo saggio, per rendersi conto che l’Italia delle design experience è uno scrigno tuttora sepolto sotto il marketing dei luoghi comuni.

Come provano anche i percorsi formativi tracciati dal consorzio Poli.Design guidato da Francesco Scullica, il nostro Paese continua a dettare tendenze e guadagna terreno anche nelle nuove capitali internazionali del design, tanto da essere protagonista persino a Shenzen in Cina, dove una delegazione di Poli.Design è attesa nel mese di giugno.

La capacità di riconfigurare il piccolo e farne in realtà un elemento di espansione dello spazio è indubbiamente una delle maggiori qualità oggi riconosciute all’offerta italiana sia sul piano del travel che dell’hospitality, idealmente incarnata dal quel concept di ‘honesty bar’, dove la digitalizzazione dei servizi e la redistribuzione delle funzioni del personale consente di reinvestire capitale a favore dell’utenza, accentuando la fusione bleisure mediante lo sviluppo di spazi di co-working altamente attrattivi, oltre che provvidenziali per quelle strutture ricettive orientate a una sempre maggiore destagionalizzazione dell’offerta di soggiorno.

“È necessario superare persino l’idea stessa di design come riconfigurazione guidata – ha sottolineato Luciano Galimberti, presidente ADI – perché il modo “liquido” di viaggiare nell’epoca digitale riporta al centro la peculiare esperienza del viandante, cui il nostro museo di Milano ha voluto dedicare quest’anno la mostra tematica ‘Design viandante’: in un mondo in cui la predittività e l’assenza d’attrito rischiano di far scivolare il viaggiatore sulla superficie delle cose, il viaggio deve controbilanciare l’integrazione tecnologica con la valorizzazione dell’improvvisazione”.

“Il viaggio che resta – aggiunge Galimberti – non è quello che porta a destinazione, ma quello che consente di rigenerarsi nei suoi mille percorsi accessori”.

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